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Il Nazismo strumentalizzò la cultura wagneriana dominante per penetrare nello spirito delle classi borghesi erudite. Il più importante saggio di Thomas Mann, “Sofferenza e grandezza di Richard Wagner “, rappresenta il tentativo di offrire un’alternativa alla versione ufficiale che considerava Wagner il “santo patrono del solipsismo tedesco”. “Mann cercò invece di dare una visione artistica, cosmopolita e psicologica del compositore.

La parola “dilettantismo” nei confronti di Wagner fu sufficiente a creare agitazione nell’intero establishment wagneriano. Nel marzo del 1933, “la città wagneriana di Monaco di Baviera levò una protesta” nei confronti Thomas Mann, accusato di intorbidare la reputazione dei “giganti culturali tedeschi”. La protesta fu sollevata in primis dal successore di Bruno Walter, Hans Knappertsbuch, e firmata – tra gli altri – da Hans Pfitzner e Richard Strauss. In realtà fu la cultura musicale borghese di Monaco, e non le autorità naziste, ad allontanare Thomas Mann dalla Germania (e addirittura in nome di Wagner!). I nazisti lodarono la “volontà del popolo” con gioia sardonica. La “ex-comunicazione nazionale ” fu un trauma mortificante, il peggiore che uno scrittore abbia mai sperimentato da parte del pubblico tedesco, e, come per la vicenda di Bruno Walter, una motivazione significativa per la stesura del “Doctor Faustus”, un romanzo sulla connessione tra musica e politica.

La musica, più di ogni altra forma d’arte, fu al servizio dell’immagine culturale dei nazisti. Il Festival di Bayreuth era una vera e propria vetrina per il Terzo Reich. I concerti di Wilhelm Furtwängler raggiungevano gli ascoltatori di tutto il mondo. Anche Thomas Mann, l’emigrante, si aggrappava alla sua radio, benché nutrisse alcuni scrupoli: “Non avremmo dovuto ascoltare, non avremmo dovuto porgere il nostro orecchio alla truffa”, scrisse nel suo diario dopo una trasmissione del “Lohengrin” nel 1936. Per lui Wilhelm Furtwängler era l’esempio più potente dell’artista che pensa di poter custodire la cultura in un vuoto politico. E la raffigurazione dell’arroganza musicale tedesca era espressa da dichiarazioni del tipo “nessuna vera sinfonia è mai stata scritta da un non-tedesco».

Hans Rudolf Vaget sostiene che fu un errore contrapporre a Thomas Mann il mediocre scrittore Frank Thiess nel dibattito sull’”emigrazione interna”: in realtà sarebbe stato molto più adeguato Furtwängler, il “rappresentante emblematico” di tutti coloro che si erano adattati. Sebbene intimamente si opponesse al regime, il direttore d’orchestra si identificava con la Germania bellicosa e “tragicamente” decadente. Allo stesso tempo aiutava i perseguitati, e mantenne sempre aperti i contatti con i suoceri ebrei di Thomas Mann. Egli visitò i Pringsheim nel corso dell’anno 1937-1938, dopo che erano stati scacciati dal loro palazzo di Monaco di Baviera; il “dolce Willi” trascorse “ben due ore e mezzo” con noi, come Edvige Pringsheim riferì alla figlia Katia a Zurigo . Ma Thomas Mann era scettico a tale proposito. Egli considerò i quindici minuti di standing ovation che Furtwängler ricevette dopo il suo primo concerto nel dopoguerra a Berlino, come una prova di incorreggibilità politica.

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Il critico musicale Joachim Kaiser si chiede: “Può il destino di Adrian Leverkühn, può la vita e il crollo di un compositore paralizzato e fatalmente brillante rappresentare in modo convincente o plausibile il crollo della Germania di Hitler?” E se lo chiede in modo tale che l’unica risposta possibile è “no”.
In realtà non vi è alcuna analogia allegorica tra Leverkühn e la Germania nazionalsocialista. Hans Rudolf Vaget interpreta piuttosto la raffigurazione del rapporto tra musica e politica presente nel romanzo nel senso di “anticipazione”. Il tentativo da parte di Leverkühn di eliminare il “non-tematico” da una composizione, nella ricerca di un”organizzazione perfetta” del materiale musicale, è una prefigurazione degli aspetti totalitaristici del Terzo Reich. Per Vaget, “anticipazione” significa che la ricettività collettiva al nazionalsocialismo è già evidente nello sviluppo culturale dell’epoca precedente – la “mentalità del periodo di incubazione “.

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In questo senso, il “Doktor Faustus” analizza la profonda crisi della musica tedesca nell’era post-wagneriana. “Finis musicae”, la parola d’ordine che circolava all’inizio del 20° secolo, esprimeva perfettamente la preoccupazione che la grande tradizione musicale tedesca potesse essere prossima alla fine. Quando e come sarebbe stato più possibile un salto innovativo sul modello del “Tristano”?

Adrian Leverkühn_doctor_FaustusCon la sua apertura verso nuove forme, il romanzo di Mann sulla musica affronta, inoltre, la tematica della necessità di garantire sicurezza a tutto il mondo, anche se questo significa far ricorso a mezzi demoniaci. Adrian Leverkühn mira a una “Führerschaft” o “leadership” musicale – una conquista del mondo attuata dal genio. Egli vuole “aprire una breccia fra le ingombranti difficoltà dell’epoca” e “sconfiggere l’avanzata della marcia.” Da questo punto di vista, Thomas Mann comprendeva Schönberg meglio del suo consulente musicale Theodor Adorno, che considerava invece più importanti le tendenze oggettive della “materia musicale”. In realtà Schönberg aveva parlato di composizione basata sul sistema dodecafonico in senso totalmente Leverkühniano e con un certo grado di arroganza faustiana: “Ho fatto una scoperta che assicurerà il predominio della musica tedesca per i prossimi cento anni”. Pertanto, mentre Leverkühn ha poco in comune con i discorsi proto-fascisti degli intellettuali di Monaco, il compositore è invece un “Maestro di origine Germanica” (cit.) che non solo prende parte al concetto di superiorità musicale tedesca, ma ne è l’incarnazione.

Nel 1948, riascoltando l’ultimo atto dell'”Oro del Reno”, Thomas Mann osservò: “Per quest’unico brano darei tutta la musica di Schönberg, tutti i Berg, i Krenek e i Leverkühns.” Non c’è da meravigliarsi se il romanzo è stato accusato di essere un po’ ipocrita – Thomas Mann permette che Leverkühn componga una musica che diverge dai suoi gusti musicali! È strana quest’obiezione: perché mai presupporre che la raffigurazione delle cure mediche nella “Montagna incantata” rifletta il desiderio di Thomas Mann stesso per tali cure, e perché invece ritenere che gli altri campi della conoscenza presenti nei suoi romanzi siano basati su un senso soggettivo della credibilità?

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No, Mann non amava particolarmente ascoltare musica dodecafonica, ma ne apprezzava la sfida estetica, l’attrattiva intellettuale – e l’utilità letteraria. Così si lasciò stimolare da Adorno, che conferisce a certi passaggi del romanzo una forte spinta nella direzione della “dialettica negativa”, altrimenti piuttosto estranea alla comprensione musicale di Mann. Il capitolo Kretzschmar sulla Sonata per pianoforte di Beethoven Opera 111 è stato il primo ad essere influenzato da Adorno, e Joachim Kaiser – sebbene impressionato dal talento di Mann nel descrivere la musica – lo accusò di compiere errori fondamentali. L’equilibrio mentale del suo “Consigliere Segreto” doveva essere parso alquanto discutibile allo stesso Mann. Si potrebbe dedurre, dal modo in cui alla fine Mann inserisce Adorno nel suo romanzo quale incarnazione del diavolo, che costui fosse “un intellettuale che compone musica egli stesso, ma solo fino al punto in cui glielo permette la sua capacità di pensare.” Una riflessione piuttosto maligna, che colpiva un nervo scoperto: le composizioni musicali di Adorno non avevano mai soddisfatto le sue aspettative.

Il Modello dell'”anticipazione” proposto da Hans Rudolf Vaget è convincente, sebbene celi  le lacune concettuali presenti nel “Doctor Faustus”. Sia Leverkühn che la Germania nazista cercarono di fare un patto col diavolo, ma Leverkühn è tutt’altro che un wagneriano fascista. Egli è un compositore che sotto Hitler sarebbe stato certamente ostracizzato quale “bolscevico culturale”, ciò che confonde anche i critici più intelligenti. Ogni parallelismo tra musica e romanzo tedesco proposto da Mann resta dunque problematico – e, proprio per questo, interessante, perché non potrà mai generare interpretazioni pienamente armoniose.

Traduzione di Carmen Margherita Di Giglio © 2011

Wolfgang Schneider, scrittore, vive a Berlino. E’ l’autore del libro su Thomas Mann “Lebensfreundlichkeit und Pessimismus. Thomas Manns Figurendarstellung”

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