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Ecco la prima parte di un articolo di Wolfgang Schneider che tradussi nel 2010. L’articolo era originariamente apparso in tedesco sulla rivista Literaturen del Luglio-Agosto 2007. A quanto mi risulta, si tratta della sua prima (e probabilmente unica) traduzione in italiano: ma il suo valore meritava l’impegno.
Nella storia della letteratura Thomas Mann è considerato l’autore più ossessionato dalla musica. I suoi poteri descrittivi erano al meglio quando scriveva di argomenti musicali. Ma i musicisti hanno sempre contestato le sue dichiarazioni in tale ambito. Come mai? Per Mann, la musica – la musica romantica in particolare – è la “maga delle anime “- ma, probabilmente, con esiti molto oscuri. La chiave argomentativa del “Dr. Faustus” sta nel sostenere che la Germania non avesse disceso la china della barbarie nazionalsocialista “in contraddizione” alla sua cultura musicale classica, ma piuttosto “nell’evocazione” di essa. E questo non solo perché Adolf Hitler era un fanatico di musica e un fan di Wagner…
Tutti coloro che hanno parlato del “Terzo Reich” e di tutto ciò che è venuto prima sono stati costretti a parlare anche di musica. Ai musicisti non piace che lo si dica. Questa prospettiva è stata reputata molto plausibile da Hans Rudolf Vaget (uno dei più profondi esperti di Thomas Mann), nelle quindici indagini contenute nel suo libro “Thomas Mann e la Musica” – senza dubbio uno testi migliori e con più fonti informative sull’argomento.
Vaget sottolinea come, in Germania, la musica dominasse su tutte le arti sin dal 1800. Essa era parte dell’alta cultura della nazione. Essere tedesco significava appartenere alle stessa razza di Bach, Beethoven e Richard Wagner. Al tempo stesso, sin dal Romanticismo, prevaleva la nozione che la musica fosse la più alta espressione dell’«anima tedesca».
La coscienza Imperialistica ha bisogno di cultura per giustificare le sue pretese egemoniche. Nulla era più utile a questo scopo del cosiddetto “corteo trionfale” della musica tedesca nel mondo intero. In tale ambito, la Germania occupava una posizione di supremazia, e ciò era motivo di orgoglio patriottico anche per il più antimusicale dei tedeschi. Oltre all’idealismo, la vita musicale tedesca – a cominciare dal più modesto musicista dilettante, fino ai circoli canori, ai cori maschili e allo studio della musica – era intrisa di una “mentalità potenzialmente aggressiva”.
Thomas Mann stesso diede un grande contributo all’idolatria nei confronti della musica tedesca, prima ancora di affrontare criticamente la questione nel “Doctor Faustus”. Una delle linee chiave di pensiero nel suo “Considerazioni di un impolitico,” scritto durante la Prima Guerra Mondiale, sta nel ritenere che la cultura tedesca musicocentrica avesse separato il paese dall’Occidente, obbligandolo a difendere la propria individualità con la guerra. Nel 1917, Mann reagì manifestando un risoluto entusiasmo verso l’opera di Hans Pfizner, “Palestrina“, lavoro parsifalesco dell’ultimo Romanticismo, che sembrò finalmente confermare ancora una volta il primato della Germania e la sua leadership musicale. E il compositore preferito di Mann, Richard Wagner, era uno di quelli che avevano contribuito a questo primato. Wagner stesso lo aveva definito col termine di “conquista del mondo artistico”. “Cinquanta anni dopo la morte del Maestro, l’intero globo si cullava al suono di questa musica ogni sera”.
La paura di aprire l’argomento “Thomas Mann e Wagner” ha prevalso per lungo tempo. In parte a causa delle contaminazioni ideologiche; in parte a causa del fatto che il wagnerismo era considerato un ostacolo nel momento in cui si trattava di collocare Thomas Mann all’interno del modernismo. Difatti, per molti, Richard Wagner rappresentava gli abissi del 19° secolo nella sua forma più inquietante: enfasi, sfarzo musicale, draghi nazionalistici e vecchio espansionismo tedesco. Pensate al satirico “Lohengrin” raffigurato in “Der Untertan” (Il suddito) di Heinrich Mann“.
Thomas Mann, però, aveva sempre fatto distinzione fra teatralità scenica wagneriana e autentico dramma interiore. Per lui questo lato introspettivo rappresentava “il vero Wagner“. L’interiorizzazione della narrativa, che tanto ha caratterizzato lo sviluppo della letteratura moderna, fu radicalmente ispirata da queste caratteristiche dell’opera di Wagner, raggiungendo il suo culmine nella tecnica del dialogo interiore del wagneriano James Joyce. Ecco, quindi, molteplici collegamenti progressivi. Come affermava Nietzsche, “Wagner riassume la modernità. Non c’è via d’uscita, si deve prima diventare wagneriani”.
Traduzione di Carmen Margherita Di Giglio (© 2010)
Wolfgang Schneider, scrittore, vive a Berlino. E’ l’autore del libro su Thomas Mann “Lebensfreundlichkeit und Pessimismus. Thomas Manns Figurendarstellung”
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Congratulazioni!!!! Continua a scrivere. Mi piace leggere i tuoi articoli.
– Fede